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Codice dei contratti pubblici: semplificazione legalità e trasparenza. I nodi da sciogliere all’indomani del PNRR.

Gli affidamenti e i contratti pubblici sono nuovamente al centro del dibattito politico. Le amministrazioni pubbliche si apprestano a gestire risorse per svariati miliardi in base alle regole del codice dei contratti pubblici e generalmente ispirandosi al metodo della “gara”.


Va da sé che problemi, difficoltà e criticità, inevitabilmente si imputano alla qualità della normativa; si suggeriscono modifiche più o meno radicali, sino alla ipotesi di sospensione o abolizione del codice.
Si hanno così numerosi interventi, principalmente volti alla “semplificazione” delle procedure di gara, generalmente concentrati sui margini di ricorso agli affidamenti diretti (senza gara), sul maggiore spazio lasciato al subappalto, così come sulla possibilità di derogare al divieto di appalto integrato per i progetti del PNRR e per i programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione Europea.

 

2. Temi ripresi nuovamente dal decreto legge sulla governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza (D.L. 77/2021), nella prospettiva dello snellimento e dell’accelerazione delle procedure.
Il decreto interviene nuovamente sul codice dei contratti pubblici prevedendo anzitutto misure incentivanti per la parità di genere e l’imprenditoria giovanile. Si costruisce poi un binario accelerato per gli affidamenti che riguardano il PNRR. E’ rimarcata anzitutto la possibilità di affidamenti diretti, senza bando, per i casi di estrema urgenza (anche legati ai tempi di realizzo del piano). Si amplia il ricorso all’appalto integrato, che può essere bandito sulla base della semplice fattibilità tecnico-economica dell’appalto e successiva aggiudicazione col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Rilevante è l’intervento in materia di subappalto. Si eleva poi al 50% la soglia del suo possibile utilizzo e si rimarcano, al contempo, una serie di garanzie sugli standard retributivi dei lavoratori, soprattutto per i contratti ad alta densità di manodopera.
A novembre 2021, verrà meno qualsiasi limite quantitativo: saranno le stazioni appaltanti ad indicare, caso per caso, le prestazioni o lavorazioni sulle quali non è ammesso il subappalto, motivando adeguatamente la scelta.
Di contro, si rafforzano poi i controlli sulle attività di cantiere e sui luoghi di lavoro per garantire le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori. Controlli che dovranno allo stesso tempo garantire da infiltrazioni criminali nell’esecuzione degli appalti.
Sul piano della tutela giurisdizionale, il giudice, nel contemperamento degli interessi in gioco, deve considerare adeguatamente l’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera e, in caso di avvenuta stipula, analizzare soltanto i profili risarcitori dell’azione.
Sul piatto della bilancia pesano dunque maggiormente l’interesse pubblico alla piena e sollecita realizzazione degli interventi, con proporzionale diminuzione del rilievo legato ai condizionamenti formali e sostanziali legati a garanzie procedurali e di tutela giurisdizionale.

 

3. Si tratta dell’ennesimo intervento sui contratti pubblici che dimostra la rilevanza del tema, le spinte in ogni direzione verso continue modifiche, aggiustamenti, deroghe, ecc. Si evidenzia, ancora una volta, che il legislatore è stretto tra spinte verso l’efficacia e l’efficienza del sistema degli affidamenti pubblici, e le irrinunciabili esigenze di trasparenza, legalità e tutela dei lavoratori.

 

4. Per sgombrare il campo da equivoci, chi scrive ha apprezzato tutte le conseguenze virtuose del nuovo codice, soprattutto sotto il profilo della professionalizzazione degli uffici pubblici, attraverso la formazione e migliore selezione di dirigenti e funzionari; si è avuta maggiore trasparenza, grazie al significativo ricorso al web e al mercato elettronico (piattaforma MEPA), come strumenti fondamentali (e irrinunciabili) per l’incontro della domanda e dell’offerta.
Il collegamento tra acquisti pubblici e tutela dell’ambiente è elemento importantissimo, che non va cancellato. Allo stesso modo la prevalenza del sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa costituisce metodo sempre meglio gestito dalle stazioni appaltanti. Si pensi infine alla disciplina dei raggruppamenti di impresa, dell’avvalimento e di tutte le altre forme di coinvolgimento delle piccole e medie imprese che devono essere ben disciplinate per potere operare al meglio.
Deve prevalere la stabilità del sistema e la certezza del diritto per gli operatori e per i funzionari. In mancanza di un corpo “completo” di regole e principi, la macchina amministrativa rischia di fermarsi, con un risultato esattamente opposto a quello desiderato. Il c.d. sciopero della firma (o l’“amministrazione difensiva”) trova nell’assenza di regole la sua principale causa.

 

5. E’ chiaro che la giusta combinazione tra dettaglio del dato normativo e margine di discrezionalità o apprezzamento non è facile da realizzare; non si può immaginare una disciplina ultra specifica e fitta, come pure sarebbe sbagliato eliminare tutte le regole attuative del codice.
Vanno perciò considerate le cause specifiche che provocano difetti e mal funzionamenti e su quelle bisogna intervenire.
Vi sono anzitutto cause esogene. Il blocco dei concorsi nella p.a., ad esempio, non si risolve con l’abolizione del codice dei contratti pubblici.  Lo stesso vale per la corruzione e altre gravi questioni che attanagliano gli affidamenti pubblici. Ancora, la lentezza dei tempi di espropriazione, le gravi difficoltà della progettazione non possono essere imputate ai meccanismi di gara, così come tutte le problematiche che ruotano attorno alla fase dell’esecuzione che vanno affrontate in modo diverso.
Le innovazioni devono andare di pari passo con il ricorso alla formazione e al ricambio generazionale, con progressiva e adeguata professionalizzazione del corpo burocratico.

 

6.Andiamo alle gravi criticità nel sistema. Restano irrisolti molti nodi che determinano un’incapacità di spendere, a fronte di risorse già disponibili (e talvolta abbondanti).
Il progressivo irrobustimento delle centrali di committenza è apprezzabile; si favorisce la professionalizzazione, e si pone la pubblica amministrazione in una condizione di accresciuto potere contrattuale. Vi è però un problema: la scissione tra la stazione appaltante (che svolge la gara) e l’ente pubblico che “compra” crea una continua tensione tra i due poli: il primo, responsabile della sola procedura, non risponde del buon andamento dei servizi e dei lavori e non è direttamente esposto per ritardi o lungaggini dell’affidamento. La stazione appaltante (unica) non percepisce le esigenze sostanziali dell’ente acquirente mentre l’ente pubblico (che ha richiesto la gara) risponde ai cittadini per una procedura sulla quale non può incidere. La soluzione passa per la maggiore integrazione: l’ente pubblico deve avere una responsabilità principale nella gestione dell’affidamento e della gara, mentre la stazione unica deve fornire solo il supporto amministrativo senza potere assumere decisioni sostanziali che hanno ripercussioni sul servizio o sulla fornitura.
Bisogna anche evidenziare che le ipotesi di commissariamento, in un certo senso, vanno nella direzione opposta alle centrali uniche. Ciò che può essere inevitabile per le esigenze di estrema accelerazione e semplificazione, che tuttavia mal si conciliano con il meccanismo della delega della procedura.
Due proposte. Identificare (e circoscrivere) con precisione gli oggetti rispetto ai quali il ricorso alle centrali di committenza è preferibile e/o obbligatorio, lasciando fuori ipotesi gli appalti di particolare significato e specificità che impongono attenzione e responsabilità diretta. Oppure, affidare alle stazioni appaltanti un ruolo di consulenza e supporto amministrativo, senza attribuire la titolarità della procedura.
Migliorare il sistema degli elenchi, redatti a seguito di procedura ad evidenza pubblica, ai quali le amministrazioni possano attingere in tempi autonomi e secondo il bisogno. Un sistema dinamico che consente all’ente pubblico, di attingere ad esso in qualsiasi momento, sino alla relativa scadenza. In questo senso può essere valorizzato anche il meccanismo dell’accordo quadro.

 

7. Un altro tema che merita attenzione è l’albo dei commissari. Istituto risponde ad una ratio non pienamente condivisibile, ovvero “commissariare” la procedura con innesti esterni. Si determina una reciproca deresponsabilizzazione e, non di rado, un rimbalzo di responsabilità. Le forti resistenze dimostrano che la soluzione va rivista. Aggiungo che lo stesso albo è fonte di ulteriore burocratizzazione delle procedure e pone difficoltà che non giovano al buon funzionamento delle gare. Per gli appalti più complessi occorre prevedere un commissario valutatore unico con tempi stretti, e che abbia il supporto tecnico del RUP, ed eventualmente ricorrere, nei casi più importanti, ad una consulenza esterna da rendere in tempi strettissimi.

 

8. Il problema delle offerte anomale costituisce uno degli aspetti più problematici. Si rimette in discussione la gara e, non di rado, se ne ribalta l’esito. Vero è che la disciplina sull’anomalia persegue obiettivi di primaria importanza, primo fra tutti la leale concorrenza tra le imprese attraverso la corretta formulazione dell’offerta. Ebbene, quanto richiesto dal diritto UE, e cioè il contraddittorio sulla valutazione di anomalia, pone la pubblica amministrazione in una posizione di grave difficoltà rispetto a giustificazioni postume che in vario modo possono rendere credibile un’offerta matematicamente insostenibile. Non di rado l’offerta viene (in qualche modo) corretta, se non addirittura modificata. Occorre precisare rigorosamente le modalità e gli ambiti del contraddittorio, che deve essere ridotto ad un singolo passaggio, senza consentire agli operatori di tornare (ripetutamente) a modificare i costi e le voci che non passibili di “ribasso”. La giustificazione deve invocare elementi esterni ed esogeni all’offerta che pongano condizioni che consentono quello specifico ribasso. Non può essere ammessa la riorganizzazione delle voci di costo in modo diverso dall’offerta originaria che dovrebbe essere munita sin dal principio delle fondamentali indicazioni. Solo in questo modo gli operatori seri, che hanno presentato offerte economiche valide, affidabili e congrue saranno premiati.

Il rigore nell’esclusione delle offerte anomale è passaggio irrinunciabile per scoraggiare ribassi insostenibili che proprio attraverso le giustificazioni rientrano in ballo con esiti sorprendenti e talvolta inaccettabili.

 

9. Anche alcuni aspetti del contenzioso debbono essere rivisti. Va introdotto anzitutto il sistema francese del réferé, che porta ad una decisione rapidissima, che, se non contestata, definisce stabilmente le questioni. Si dovrebbe anche aprire alle sentenze parziali (anch’esse rapide), che chiudono sul principale motivo di ricorso, mettendo il resto della controversia su un diverso binario. Ciò indurrebbe a ricorsi più semplici e snelli e a iter processuali rapidi.

 

10. Sui motivi di esclusione, il disposto del codice è eccessivamente rigoroso e non favorisce percorsi di riabilitazione. Sul punto occorre intervenire e riprendere lo spirito e le previsioni delle direttive che impongono valutazioni caso per caso; in questo senso si può valorizzare il sistema del rating di impresa, più elastico e congruo. Basti l’esempio dei debiti previdenziali e verso l’erario. Le imprese messe in mora debbono potere partecipare alla gara, con un tempo massimo per onorare i debiti.
Come da molti notato, bisogna poi tipizzare l’illecito professionale, evitando che rimanga un’ipotesi dai confini non chiari, con grave danno alla certezza del diritto.
Vi sono poi una serie di automatismi che vanno rigorosamente limitati agli acquisti standardizzati e seriali. Solo in questi casi si possono utilizzare meccanismi di sorteggio e di rotazione, su elenchi base che, ad esempio, comprendano le ditte che hanno superato la qualificazione.
Il sorteggio non deve superare dunque il rigoroso sistema della qualificazione (o accreditamento) che costituisce premessa per il ricorso a meccanismi di scelta automatica. Anche la rotazione è regola virtuosa, se limitata e non esasperata al punto da impedire la partecipazione alla gara alle imprese che hanno svolto correttamente il servizio. Ciò va chiarito per superare l’opposto orientamento giurisprudenziale.
Infine, la tendenziale uniformità di disciplina tra servizi, forniture e lavori, pone significative difficoltà. Non di rado, l’affidamento dei servizi richiede una disciplina diversa; la scelta ha un più elevato tasso di fiduciarietà, che le regole della gara non sempre possono adeguatamente garantire.
Qualsiasi riforma va dunque pensata rispettando i canoni fondamentali del diritto e i principi generali da tenere fermi. La connessione tra potere e responsabilità, discrezionalità e innovazione, concorrenza e qualità. I meccanismi di scelta automatica vanno circoscritti ad ipotesi congrue, ma non estesi dove vi sono valutazioni complesse che devono essere lasciate alla discrezionalità degli organi competenti.

 

11. In conclusione, qualsiasi misura di semplificazione non può contrastare con i capisaldi del diritto dei contratti pubblici e con i meccanismi fondamentali della responsabilità, della legalità e della tutela dei lavoratori. Le ipotesi di deregulation, più o meno audaci, non possono essere assecondate nella misura in cui propongono vuoti di disciplina, determinano confusione nelle responsabilità, incertezze applicative e deficit di trasparenza e imparzialità.
Le riforme, devono essere attuate attorno al codice, per garantire esigenze di certezza del diritto e conoscibilità delle fonti.

 

di Paolo Lazzara – (fonte: ApertaContrada)