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ANCE lancia l'allarme

DL Sostegni Ter: rischia di affondare il settore delle costruzioni.

Subito decreto correttivo per la libera circolazione dei crediti fiscali

Si è svolta il 10 c.m. l’audizione informale dell’Ance, in videoconferenza, sul DL 4/2022 “Sostegni-ter” presso la Commissione Bilancio del Senato.

Il Presidente Buia ha evidenziato, in premessa, che il provvedimento rischia di affondare il settore delle costruzioni che sta dando in questi mesi un contributo molto importante al rilancio della crescita e dell’occupazione nel Paese, sia attraverso i bonus fiscali sia attraverso i lavori pubblici. La stretta alla circolazione dei crediti fiscali, introdotta dal provvedimento, limita fortemente la cessione dei bonus fiscali anche per le iniziative in corso e sta di fatto bloccando tutte le operazioni, comprese quelle legittime e prive di qualsiasi profilo patologico.

Ha espresso quindi il dissenso dell’Ance su queste disposizioni che, seppur pienamente condivise nell’intento di bloccare le frodi fiscali, producono l’effetto contrario di soffocare un mercato volto alla riqualificazione urbana, che si avviava alla ripresa anche grazie agli incentivi.

Limitare ad una sola cessione il trasferimento dei crediti non scoraggia le frodi, quanto piuttosto rallenta, fino a bloccare, le operazioni di acquisto, soprattutto da parte degli operatori finanziari prossimi al raggiungimento della loro capacità di “assorbimento” in compensazione dei crediti stessi.

Il Presidente ha ricordato che lo scorso 3 febbraio, Poste, il più importante player nel 2021, che secondo fonti di stampa ha acquistato 4 miliardi di euro di bonus, ha sospeso la piattaforma per l’acquisto dei crediti fiscali fino a che la normativa non sarà cristallizzata. Cassa Depositi e Prestiti sta valutando l’opportunità di proseguire con l’acquisto di crediti fiscali. Il divieto di effettuare ulteriori cessioni oltre alla prima impedisce alle imprese di utilizzare i crediti per il pagamento delle forniture necessarie ai cantieri. Inoltre, non consente a molte banche di piccole e medie dimensioni di cedere sul mercato secondario; ma questi istituti sono caratterizzati da capienze fiscali limitate e per questa ragione stanno decidendo anche loro se continuare, o meno, ad operare su questo mercato.

L’uscita dei player pubblici, come Poste e Cdp, caratterizzati da attivi fiscali di diversi miliardi di euro, e di quelli più piccoli, vicini al territorio, determinerà una forte riduzione della domanda di acquisto di crediti fiscali. Gli effetti sono molteplici: in primo luogo, la diminuzione di soggetti acquirenti determinerà un aumento dello sconto praticato dagli operatori che rimarranno sul mercato. Se finora gli sconti richiesti sono stati pari a circa 10 punti percentuali sulle scadenze a 5 anni e 20 punti su quelle a 10, con le nuove regole è possibile immaginare un netto rialzo delle commissioni di sconto: 15-20 punti per le scadenza più brevi, 25-30 per quelle più lunghe.

Inoltre, imprese e famiglie sono scettiche riguardo alla capienza fiscale complessiva degli operatori finanziari rimasti sul mercato perché potrebbe essere fondato il rischio di non trovare compratori nella seconda parte del 2022. Non poter cedere il credito, vuole dire, nella maggioranza dei casi, perderlo.

A fronte di tale situazione, tutti gli operatori del mercato coinvolti si sono tempestivamente attivati per scongiurare che si verificassero gli effetti sopra indicati e per richiedere interventi correttivi. È quindi indispensabile, in fase di conversione in legge, correggere in modo sostanziale la rigidità del provvedimento, eliminando gli effetti negativi conseguenti al blocco delle cessioni dei crediti. 

Al riguardo, una soluzione per scongiurare la fuoriuscita dei player maggiori, una caduta della domanda di credito, l’aumento delle commissioni di sconto, il fermo del mercato potrebbe essere proprio quella di consentire la libera circolazione di tali crediti quantomeno per gli acquisti fatti da soggetti sottoposti a vigilanza della Banca d’Italia o da imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia.

Inoltre, per contrastare le frodi e limitare il proliferare di imprese “improvvisate”, ben 11.563 negli ultimi sei mesi, sarebbe necessario introdurre un sistema di qualificazione che attesti la capacità delle imprese impegnate nei lavori che beneficiano dei bonus edilizi, analogamente a quanto già previsto per tutti i lavori di ricostruzione post terremoto (Centro Italia, L’Aquila, Emilia Romagna). Altrettanto importante, sarebbe garantire l’applicazione della contrattazione collettiva, nazionale e territoriale, dell’edilizia a tutela dei lavoratori e delle imprese che rispettano le regole, così come recentemente auspicato dal Ministro Orlando (vedi ulteriori proposte).

 

Per quanto riguarda le misure in materia di contratti pubblici, di cui all’art. 29 del decreto, il Presidente ha rilevato che sebbene le stesse siano un’indubbia testimonianza dell’attenzione del Governo al tema del caro materiali, non sembrano purtroppo ancora risolte efficacemente le principali e più urgenti problematiche che interessano il mercato dei lavori pubblici.

 

La prima criticità attiene al fatto che i progetti che andranno in gara nei prossimi mesi sono redatti sulla base di prezzari assai lontani dai correnti prezzi di mercato.

Va dato atto che alcune primarie stazioni appaltanti hanno proceduto o stanno procedendo a tale aggiornamento.

Al netto di tali situazioni, però, l’assenza di un obbligo di adeguamento generalizzato dei prezzari e degli importi a base d’asta rischia di compromettere non solo la possibilità di formulare offerte congrue e di conseguenza la possibilità di partecipazione alle gare da parte delle imprese più serie e qualificate, ma soprattutto quella di garantire un regolare avanzamento delle opere da realizzare e quindi il rispetto dei cronoprogrammi oggi stabiliti, impedendo al contempo gli investimenti in sicurezza, sostenibilità ed innovazione di cui il Paese ha bisogno.

Pertanto, le misure adottate sul punto vanno rafforzate, prevedendo in particolare l’obbligo (e non la facoltà) per tutte le stazioni appaltanti di aggiornare i prezzari ai prezzi correnti di mercato entro 30 giorni dall’entrata in vigore della nuova disposizione.

 

La seconda criticità, attiene al meccanismo di compensazione da riconoscere alle imprese per lo straordinario aumento del costo dei materiali sulle opere in corso di esecuzione.

Al riguardo, il Governo ha adottato una speciale disciplina revisionale per i lavori eseguiti nel primo semestre 2021, prorogata poi anche per quelli realizzati nel secondo semestre dell’anno.

Tali misure sono però ancora insufficienti a scongiurare il rischio di un fermo dei cantieri inclusi quelli facenti parte del programma infrastrutturale del PNRR.

Come denunciato da ANCE, anche attraverso l’impugnazione del DM relativo al primo semestre, la metodologia di rilevazione dei prezzi e la obsoleta lista di materiali compresi nella lista ministeriale non consentono alle imprese di avere ristori adeguati rispetto agli effettivi aumenti dei costi di realizzazione delle opere e, ove i meccanismi di ristoro non siano prontamente corretti ed estesi, sono destinati a causare un fermo generalizzato delle opere.

Con l’ulteriore conseguenza che le imprese stanno in questo momento (primo semestre 2022) lavorando senza nessuna assicurazione che gli ingenti extra costi che stanno sostenendo verranno ristorati e già si notano i primi segni di rallentamento nei cantieri.

E’ quindi indispensabile una modifica immediata del meccanismo di compensazione straordinaria, applicabile a partire dal primo semestre 2022.

La terza criticità attiene all’assenza di un vero sistema revisionale, come invece imporrebbe la stessa lettera a) del medesimo comma 1 dell’art. 29. Il comma 1 lettera b) dell’art.29 infatti, introduce, anziché una clausola per la revisione dei prezzi, come peraltro imporrebbe la lettera a) del medesimo comma, un meccanismo che si basa su quello di compensazione del caro materiali che, all’evidenza, è un istituto del tutto differente. Da qui, la palese contraddittorietà di quanto disposto della lettera a) rispetto ai contenuti della lettera b) del comma 1. Sarebbe quindi opportuno tenere distinte le due situazioni, introducendo, sia pure per i lavori da bandire entro il 31 dicembre 2023, una revisione prezzi dell’appalto ispirata alle migliori pratiche internazionali, per porre realmente al riparo le opere pubbliche dal pericolo di rallentamenti o blocchi, in ragione di variazioni derivanti da fatti esogeni, sempre più imprevedibili e di chiara natura globale.

Per le valutazioni e proposte Ance sulle singole disposizioni del testo, nonché per la proposta  in materia qualificazione delle imprese obbligatoria nell’ambito dei bonus fiscali si rinvia al documento in allegato, consegnato agli atti della Commissione.

ANCE
Audizione
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